Tutti i giorni portava fuori con il passeggino i bambini che le erano affidati. La baby-sitter Vivian Maier camminava per le strade di Chicago, un occhio ai pupi e uno alla macchina fotografica, che portava sempre con sè. Ogni tanto vedeva qualcosa che riteneva interessante: poteva essere un dettaglio, l’orlo di una gonna, una mano con le dita incrociate, o la sua stessa immagine riflessa in una vetrina. Allora parcheggiava i bambini in un angolo e scattava. Decine, centinaia di foto. Tornata a casa chiudeva i rullini in un cassetto e se ne dimenticava. Non mostrava a nessuno le sue foto. Una specie di Mary Poppins con la passione della fotografia.
Alla fine della sua vita, trascorsa gran parte a Chicago ma anche a New York e Los Angeles, con qualche viaggio in vari paesi finanziato dalla vendita di una casa di famiglia, la Vivian Maier aveva scattato circa 100.000 foto. Quasi tutte chiuse nei rullini da sviluppare. Quasi tutte chiuse in uno storage insieme ad altra roba. Non avendo i soldi per pagare lo storage, i suoi possedimenti vennero confiscati e venduti all’asta. Li comprò un certo John Maloof, due anni prima che la Maier morisse dopo essere scivolata su un marciapiede ghiacciato e aver battuto la testa, nel 2009.
Maloof fece sviluppare i rullini e mise le sue foto su Flickr, e le foto divennero virali.
La foto di Vivian Maier è strana e normale allo stesso tempo. Come le sue immagini, foto di strada, di gente comune e, soprattutto, di se stessa. Tanti autoritratti del suo viso spigoloso, non bello, ordinario, senza nessun particolare fascino. Il suo sguardo quieto arriva a Bologna, a Palazzo Pallavicini. Vivian Maier. La fotografa ritrovata è curata da Ann Morin, che ha dovuto spulciare nella enorme produzione della fotografa e ha scelto 120 immagini per raccontarla. La mostra è aperta fino al 27 maggio 2018.