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Diciamoci la verità: davvero vorremmo imitare Xavier de Maistre in Voyage autour de ma chambre e percorrere  in lungo e in largo, e pure in diagonale, magari in bilico sulla poltrona come faceva lui, i metri della nostra stanza, commentando a voce alta mobili e oggetti e richiamando vecchi ricordi?

Eppure, anche de Maistre, che ha pubblicato questo libro considerato il più celebre antagonista del Viaggio nell’altrove, ipotizzava per questo percorso 42 giorni (in 42 capitoli), ma poi il confinamento sarebbe terminato…

Noi, che invece abbiamo l’animo dell’esploratrice, possiamo accettare l’idea che un aereo, o un treno, o un autobus, e persino una bicicletta, ci riportino a casa – una casa che amiamo e in cui stiamo benissimo, e che magari condividiamo anche abitualmente con altri, in armonia – solo perché già progettiamo un altro volo, un altro giro, un’altra escursione.

Viaggiando però sappiamo che, abbandonando appunto la nostra casa, la nostra stanza (che sia o no grande 36 passi, come in de Maistre), affronteremo anche dei pericoli, oltre ai piaceri. Per una viaggiatrice questa consapevolezza è importante più di ogni altra.

E’ infatti vitale per noi viaggiatrici solitarie assumerci il minimo dei rischi ipotizzabili, progettarne gli antidoti in anticipo, adottare accortezze che ci proteggano quanto più possibile, e non solo per ovvie considerazioni di autotutela e di conservazione del nostro benessere e del divertimento del viaggio, ma anche per non mettere in difficoltà quelli che sono rimasti a casa, nella famosa casa con la stanza di (forse) 36 passi, che sarebbero costretti a soccorrerci da lontano.

Credete forse che questo scenario timoroso sia da allestire (e gestire) se viaggiamo da sole, donne nel mondo, mentre invece, con qualcuno al nostro fianco, possibilmente di sesso maschile, potremmo mostrare a tutti che non siamo così facilmente aggredibili, ed essere realmente protette?

Ahimè non è così, anzi. E la mia non è un’elucubrazione teorica ma, sempre ahimè, estremamente concreta e pure recente.

Sono stata di recente assalita per essere derubata, in una bella città di una bellissima regione italiana: in coppia, in una mattina luminosa, in un’automobile in movimento, in una via ancora cittadina. Difficile da prevedere. A bordo non di un’auto vistosa ma di un’utilitaria italiana; nessun bagaglio né alcuna borsa era in vista; nessun gioiello appariscente addosso; nessun Vacheron Costantin al polso; i finestrini, chiusi.
Difficile da prevedere davvero.

La zona è di criminalità diffusa, ma dopo essere tornata indenne dall’Ecuador, dal Brasile, dall’Uruguay, dall’India e da molti altri posti nel mondo, dove anche possedere uno zaino lucido e pulito può essere un segno di disparità inaccettabile, questo non lo avevo messo in conto.

Riflettendo meglio e a mente più lucida e fredda (il furto davvero irrimediabile è sempre quello della gioia e della leggerezza di una situazione felice) ho considerato però che non è del tutto vero, o meglio non è del tutto preciso.

Mi sono resa conto, in questo modo, certo doloroso, che più o meno consapevolmente e istintivamente ho sempre realizzato una prevenzione, e assunto accortezze – viaggiando in solitudine – che non mi sono nemmeno venute alla mente in questo viaggio di coppia; se ciò fosse avvenuto mi avrebbero almeno limitato il danno, e limitarlo in una situazione del genere, davvero difficilmente arginabile, sarebbe stato già moltissimo.

Ecco allora qualche consiglio per viaggiare i sicurezza.
Il danaro: mai tutto insieme nel portafogli come in questo caso (tanto si paga in due) e così pure per le carte di credito e il bancomat, (da sola invece sempre pantaloni maschili con tasche protette; sempre giubbini con tasche interne invisibili, sempre una piccola tasca di tela al collo sotto la giacca. La dotazione del viaggio è così suddivisa, come il suo rischio). Solo luoghi centrali e mai strade periferiche (ma qui siamo in due); informazioni: mai chiedere a gente poco raccomandabile (ma qui siamo in due); avere tutti i percorsi chiari in testa in anticipo (ma qui siamo in due); muoversi: mai con automobili ma solo usando mezzi pubblici e con altre persone a bordo ( ma qui siamo in due); se guido un’ automobile da sola chiudo gli sportelli in automatico e  non apro mai (ma qui siamo in due); adornarsi: non porto gioielli, nemmeno di bigiotteria se comunque so di esserci affezionata e che non potrei ritrovarli mai più (ma se non li metto in un viaggio in coppia, magari di sera, quando?).

La solitudine insomma non certo uno scafandro impenetrabile per chiunque sia malintenzionato, ma è un ottimo ombrello, che può annullare, o almeno ridurre di molto i rischi prima e i danni dopo.

E’ stato questo un apprendimento preziosissimo che ho recepito e che è ora una consapevolezza inestimabile, per me che amo viaggiare fuori dalla mia camera.

In fondo, credo che de Maistre volesse suggerirci che il fascino dei luoghi lontani potrebbe nascere anche dal guardare il cielo della nostra finestra casalinga: dunque è  la ricettività lo spirito più importante per un viaggiatore. Da sperimentare subito…