Chi mi conosce sa che sono molto critica su Venezia. Ci ho vissuto abbastanza a lungo da conoscerne i lati peggiori, che sono molti. Tra questi, il fatto che è facilissimo comprare delle porcherie da pochi soldi, tipo animaletti in vetro, mascherine di ogni tipo, paccottiglia di varia natura. Ma non è altrettanto facile trovare qualcosa di pregio. Gli atelier artigianali, in cui persone di abilità usano le mani e la loro sapienza per produrre qualcosa, stanno scomparendo. Non solo a Venezia, è vero. Ma qui più che altrove è facile rifilare il pacco al turista ignaro.
Ecco perché quando le amiche veneziane mi hanno proposto un giro degli atelier ho accettato con entusiasmo.
Non sapevo cosa aspettarmi e quindi tutto è stato una sorpresa. Abbiamo iniziato da Orsoni (Cannaregio 1045, tel 041 2440002 ) che da solo meriterebbe un intero capitolo.

La biblioteca del colore contiene blocchetti di vetro che diventeranno tessere di mosaico in 3500 sfumature diverse
Cominciamo con il dire che Orsoni è lí dal 1888 e nel frattempo tutte le altre fornaci veneziane (una quarantina) sono sparite. Il che è di per sé una cosa notevole. Gli smalti di Orsoni, tagliuzzati in tesserine da mosaico, sono stati usati da Gaudí per la sua Sagrada Familia, nei mosaici di Edoardo Paolozzi nella fermata della metro di Tottenham Court Road a Londra, per la tomba di Nurejev a Parigi, per la Cattedrale di Washington e quella di Bucharest. E potrei continuare perché dall’800 a oggi di mosaici ne sono stati fatti e restaurati tanti. Diciamo che Orsoni non c’era ai tempi di Teodolinda, altrimenti per i mosaici di Ravenna sarebbero andati da lui (e quando sono da restaurare è a lui che si rivolgono).
Il procedimento è lungo, paziente e – guarda un po’ – riguarda da vicino le donne, che devono svolgere un lavoro di precisione. Ogni tesserina è fatta a mano e quando guardi un mosaico e ne vedi migliaia puoi immaginare il lavoro che c’è dietro.
Ma quello in cui Orsoni eccelle è la scelta del colore, incredibile. La biblioteca del colore, il sancta sanctorum dell’azienda, un posto talmente suggestivo che viene usato anche per eventi di tipo culturale o di intrattenimento, contiene oltre 3500 varianti di colore. Solo per gli incarnati c’è una parete apposta, che contiene 900 colori per ogni tipo di pelle, dagli angioletti più diafani ai mori più scuri.
La fornace di Orsoni si può visitare su appuntamento ogni primo e ultimo mercoledí del mese, accompagnate da Liana Melchior che ti spiega tutto per filo e per segno. E vale veramente la pena.
Dai mosaici ai punti di cucito, abbiamo visitato l’Atelier Scatola Magica (Cannaregio 4132, tel 041 975668), un laboratorio in cui le due sorelle Lazzaro inventano e cuciono costumi per feste, balletto spose o, semplicemente, per signore chic.
Ora, mettiamo che tu non sia una ballerina classica, non vada a feste mascherate e non debba sposarti. Io un giro da Scatola Magica lo farei lo stesso. Perché trovi camicie impalpabili, cappottini, vestiti da sera o da seratina, borsine, obi (le cinture alte di foggia giapponese fatte con tanti diversi pezzi di seta) tutte fatte a mano e una più bella dell’altra. Le sorelle Lazzaro, poi, ti intrattengono coni loro discorsi di abiti cuciti su misura per feste da sogno e ti fanno vedere la loro scorta di merletti, nastri, gros-grain che ti fanno davvero impazzire.
Il terzo atelier è già più famoso, ma non per questo meno affascinante. Da Luigi Bevilacqua (Campiello de la Comare, Santa Croce 1320, tel 041 721566) si tesse, si creano tessuti usando i telai del ‘700 in dotazione all’azienda quando venne fondata.
I tessuti sono intrecciati con fili di seta. E quando dico fili, intendo anche più di rocchetti per volta, per creare le nuances di colore necessarie al prodotto finito. Ora immagina una donna (sono tutte donne al telaio) che tesse un filo alla volta usando telai antichi e con quasi mille fili alla volta. Il tessuto si crea, ma molto lentamente. In una giornata di lavoro si riescono a fare 30-40 cm, non di più. Nessuna meraviglia, quindi, che il prodotto finito sua tanto costoso.
L’atelier ha uno shop anche per noi ‘mortali’, dove comprare piccoli scampoli di tessuto a prezzi molto normali. La visita vale la pena, ma va concertata su appuntamento e, in questo caso, è a pagamento.
Altre due sorelle, questa volta dei veri personaggi, sono le Minelli, che con una dedizione davvero encomiabile, vista l’età (una ha 76 anni, l’altra 79) portano avanti più per passione che per altro, il loro laboratorio di stampa su tessuto.
Non le cercare sul web. Non ci sono. Però comunicano con i loro clienti via whatsapp. E che clienti: l’ultimo lavoro fatto è stata la vestaglia che John Malcovich indossa nella nuova serie televisiva di Paolo Sorrentino ‘The New Pope‘.
Per Minelli, Aglaia e Adriana, producono a mano gli stampi con disegni che si ispirano ai pre-raffaelliti o a Klimt, li intagliano, li colorano e li usano per stampare velluti e broccati.
Un altro lavoro certosino e tutto fatto a mano che impreziosisce tessuti di per sé già preziosi. Ora, che tu ti voglia comprare una vestaglia da papa lo escluderei (ma puoi sempre fartene fare una simile), ma una borsina o un portaocchiali li puoi portare via per cifre molto ragionevoli direttamente nel laboratorio, che si trova a Dorsoduro.
Ciao Daniela,
Ho adorato il vostro articolo sugli artigiani di Venezia. Riuscirai a farne il coordinatore del Minelli Sisters Workshop? Grazie. Corinne