Un misterioso libro, scritto da un autore straniero e sconosciuto, spinge un noioso professore di liceo a lasciare all’improvviso la sua vita ordinata e mediocre in una piovosa Berna, e a salire sul treno che partirà per Lisbona dopo 15 minuti.
Il professore conduce una vita tediosa e grigia, preparandosi il thé del mattino con bustine riciclate, davanti a partite di scacchi in cui è il solo giocatore; tuttavia, l’incontro fortuito con un’aspirante suicida lo porterà a fare questo viaggio improvviso e irragionevole, trascinato soprattutto dalla fascinazione della lettura del librino della misteriosa ragazza, e a piombare così nella Storia del Portogallo sotto la dittatura di Salazar, fatta di torture e di morte.
E’ la trama del film “Treno di notte per Lisbona” in cui il regista Bille August vira subito sul melò: la rappresentazione del dramma portoghese è di maniera, schematica e retorica. Il racconto è cucito insieme non dalle emozioni, perché si rimane spettatori volenterosamente freddi, ma grazie a delle perle che qua e là compaiono, con i cammei davvero notevoli di grandi attori: Charlotte Rampling distante e chiusa nel ricordo, Bruno Ganz il sopravvissuto lacerato dal rimorso, e Jeremy Irons, il professore protagonista.
Il film rimane però importante e da vedere per il racconto che fa della spinta vitale – improvvisa, inspiegabile, irrazionale – che può smuoverci ad abitare la vita di altri, a cercare non si sa davvero cosa, a vivere quello che potremmo essere e non siamo. A intraprendere un altro viaggio, il più importante.
La Lisbona che appare, poi, è affascinante: invecchiata e struggente di malinconia nei vicoli notturni e nelle immagini degli anni Settanta; solare e colorata come il futuro che potremmo avere, visto da un tram in salita, da a un traghetto sul Tejo d’estate.