Il ricordo dell’Unione Sovietica si vede e si sente, nell’odore degli scappamenti esausti, negli edifici in stile brutalista mal riuscito, nei negozi che vendono poco di tutto, nella metropolitana che somiglia tanto a quella di Mosca. Eppure La Georgia è un paese che sta svegliandosi adesso e la sua capitale, Tblisi, lo dimostra. Liberatasi dal giogo russo nel 1991 ha visto un incremento dei viaggiatori stranieri di quasi il 30%. Lo scorso novembre è stata eletta per la prima volta una donna alla presidenza: Salomé Zourabichvili ha vissuto a lungo a Parigi dove ha lavorato come diplomatica, prima di tornare in Georgia a occuparsi della sua nazione. E il sindaco è Kakha Kaladze, ex-calciatore del Milan. Gente, insomma, che ha vissuto quell’occidente al quale ora cerca di somigliare.
Guardi da una parte e vedi edifici derelitti, in perfetto stile sovietico. Poi giri l’angolo e vedi il cambiamento. Nei locali alla moda, nei ristoranti sempre pieni, negli alberghi che potresti trovare a Londra o New York. Allo Stamba, ricavato da una vecchia stamperia russa degli anni ’30, i pilastri di cemento armato e le rotative sono stati lasciati a vista e mescolati ai mille e mille libri che riempiono la hall. Qui c’è una clientela internazionale e georgiana, che affolla il ristorante (si mangia benissimo), e tira tardi bevendo cocktail al bar e nel giardino.
Le camere costano cifre occidentali. Poi esci, chiami un taxi per farti portare in centro, e paghi un euro. Dov’è l’inghippo? Come fa un paese in cui il tassista guadagna un euro a corsa a voler correre in avanti? Chi entrerà mai nei negozi di firme occidentali che stanno aprendo in centro, se questi sono gli stipendi della popolazione?
Tblisi è una metropoli che sta in una mano, una capitale in formato mignon, una piccola Istanbul, con i bagni sulfurei, il rito dello scrub, le vecchine che vendono fiori e candele, le chiese ortodosse, i balconi ottomani, gli edifici in stile socialista, le grandi statue che inneggiano alla patria, ma anche i ponti moderni costruiti da archistar, come il Ponte della Pace costruito da Michele de Lucchi, che connette due zone divise dal fiume Mikvari. O le due bottiglie capovolte di Massimiliano Fuksas che diventeranno un teatro e una sala di esposizioni quando saranno terminate.
Se vogliamo parlare di contrasti, qui ce ne sono a vagonate. Nel passato del Paese, nella sua storia, nella sua etnia. Ed è questo che lo rende interessante, ora che si apre al mondo, che abbraccia i turisti sempre più numerosi, li rimpinza di katchapuri, il pane-focaccia ripieno di formaggio, li inebria del vino più antico del mondo, fatto invecchiare in anfore infilate nel terreno e li manda a casa contenti.
E dove lo trovi, il significato della Georgia? Forse nella vecchia capitale Mtskheta (abituati a parole che iniziano con tre, quattro o anche cinque consonanti prima di regalare una vocale), che raggiungi in mezz’ora di macchina. È il luogo dove è nata la cristianità in Georgia, con il monastero di Jvari in cima a una collina.
Oppure a Gori, città natale di Stalin, che ha costruito un museo (a me è parso addirittura celebrativo, ma era tutto scritto in georgiano e russo, quindi non ne sono sicura) intorno alla sua umile casetta natia, dove viveva con il padre calzolaio e la madre casalinga che lo riempivano di botte a giorni alterni.
O ancora nella città di Uplistsikhe, risalente all’età del ferro, scavata nella roccia; una specie di Matera georgiana.
Sia Gori che Uplistsikhe sono a portata di gita in giornata: prendi un autista (non mi azzarderei a guidare in questo Paese senza esserci abituata) che ti costa 30 euro per tutta la giornata e visiti entrambi in tempo per tornare al pomeriggio tardi per un rilassante bagno sulfureo.
I bagni sono una delle attrazioni di Tblisi (il cui nome significa warm place). Si trovano tutti nella zona di Abanotubani, centralissima. Scegli il tuo stabilimento preferito (il mio, frequentato anche da Puskin, é Orbeliani, il più bello, più pulito e più fotografato, grazie a una facciata ricoperta di mosaici). Visti i prezzi correnti, opta per una stanza privata (grande a sufficienza per due o quattro persone): hai la tua vasca, l’addetta ti fa uno scrub profondo (e senza troppi complimenti) e sei bella e pronta per un massaggio sapiente.
E pronta, anche, per assaggiare il vino più antico del mondo, invecchiato nelle anfore sotterrate e lasciate aperte: l’aria che entra dà al vino maturato nei qvevri un sapore molto caratteristico.
Anche se l’emblema della nuova Georgia è il Ponte della Pace dell’archistar Michele De Lucchi (bellissimo di giorno e di notte) affacciato sul fiume Mtkvari, la parte più affascinante della città resta quella ottomana, fatta di casette dai balconi di legno, nella quale passeggiare la mattina presto, prima che i turisti (ce ne sono, e anche tanti) arrivino in massa.
Oppure quella immediatamente alle sue spalle, che vedi se scendi a piedi dalla collina sulla cui cima c’è la statua (molto russa) di Mother Georgia, con una spada in una mano e una coppa di vino nell’altra.
O ancora nei vecchi mercati di strada, che vendono tutto e niente. Il Dry Bridge Market raccoglie paccottiglia ex-sovietica (statuine, vasi di cristallo, qualche matrioska), ma molto più colorato è il mercato della frutta e della verdura vicino allo stadio della Dinamo.
Puoi tranquillamente cavartela senza bisogno di guide o di aiuti a Tblisi. Ma se vuoi trovare angoli nascosti che nessuno ti mostrerebbe, fatti portare in giro da Mariam (mariamtinashvili@gmail.com) che ti porta nella Tblisi inaspettata. Come la stazione teleferica russa, chiusa da quando un incidente causò la morte di diversi bambini in gita. Pur essendo in pieno centro non la troveresti senza l’aiuto di Mariam, che sa raccontarti storie legate alla città che non trovi in nessuna guida.
A Tblisi – e in tutta la Georgia – si mangia in modo eccellente. Ti nutrirai di katchapuri e khinkhali (una specie di grossi ravioli ripieni, da mangiare con le mani, spezzando con i denti il ‘cappuccio’ di chiusura e bevendone il brodo all’interno) e non ne avrai mai abbastanza. Il Cafe Linville, il Littera, nel cortile della Writers House, il Fabrika, Shavi Lomi, Azarphesha sono altrettante garanzie di buona cucina. Per non parlare del ristorante dello Stamba, in cui ho consumato diversi (succulenti) pasti. Insomma, se ti piacer mangiare bene (e in abbondanza) sei a posto. E se riesci a mangiare con dei georgiani, ti accorgerai che la tavola è altrettanto piena di cibo quando ti alzi che quando arrivi. Le portate non finiscono mai e sono punteggiate da brindisi infiniti.
Tblisi è come una bambina che non vede l’ora di crescere
Mi accorgo che non ho parlato di musei. Non perché non ce ne siano, ma è stata la parte sociologia ad avere la meglio, questa volta. Comunque un giretto al Museo Nazionale Georgiano lo puoi, anzi lo dovresti fare, e puoi farti accompagnare da una guida, scelta al momento tra quelle del museo. Scoprirai che ben prima dei romani (che sí, sono arrivati anche qui) c’era una civilitá che lavorava l’oro e l’argento in modo mirabile.

Non sono spilloni ma (a quanto pare) antichi bastoncini per le orecchie che gli antichi abitanti della Georgia usavano per la loro igiene personale. Cotton fioc ante litteram (e in argento)
D’altra parte Tblisi è una piccola capitale in miniatura, una di quelle bambine che si vestono ‘da grande’ perché non vedono l’ora di crescere. Una volta cresciuta somiglierà moltissimo a tante altre città occidentali. Baku, capitale dell’Azerbaijan, sembra Dubai. E io questo non lo trovo affatto interessante. Quindi vacci ora, finché c’è un’atmosfera da altro mondo. Prima che sia troppo tardi. Se vuoi farti accompagnare da una guida che parla italiano, clicca qui.