Ballerine? No, grazie. Nicholas Thorpe, 27 anni, centralinista, ha avuto il coraggio di presentarsi il suo primo giorno di lavoro con le scarpe basse, pensando che sarebbe stato più agevole e veloce accompagnare i visitatori in sala riunioni camminando raso terra invece di caracollare sui trampoli. Peccato che i suoi datori di lavoro non abbiano gradito. Per lavorare qui, le è stato detto, devi indossare i tacchi. Nicholas si è rifiutata di andare a casa a cambiarsi ed è stata ‘allontanata’ dal posto di lavoro. Quello che è seguito è un vero polverone.
È lecito, per un’azienda, costringere una persona a indossare un dress code? Per niente, sostiene Nicholas, che ha già fatto partire una petizione online. Se raggiungesse le 100.000 firme (e siamo a oltre 50.000 in poche ore) il parlamento sarà costretto a dibatterne in parlamento.
‘Costringere le donne a indossare certe cose e non altre è sessista’, ha commentato la Thorpe. ‘Gli uomini non sono obbligati alle stesse condizioni. Perchè? Venti anni fa le donne non potevano indossare i pantaloni al lavoro. Grazie a qualcuna che ha protestato, adesso i pantaloni sono perfettamente accettati’.
‘Essere sexy non è un requisito indispensabile’, fa eco Lawrence Davis, avvocato e direttore di Equal Justice Limited. E Tony Redmond, della Leeds University, sostiene che passare tutta la giornata lavorativa sui tacchi è un disastro per la salute e può causare serie forme di artrite.
La guerra del tacco è iniziata.