Un figlio, una madre, un film. Il figlio è Beniamino Barrese, 33 anni, e ha appena iniziato la sua carriera di regista con un docu-film su sua madre. La madre non è una qualunque, ma Benedetta Barzini, ex-modella (lo sottolinea lei stessa) e ora femminista, pasionaria, impegnata, critica e, diciamolo, rompiscatole.
Barzini vuole sparire dal mondo. “Dal mondo dell’uomo bianco che ha devastato il mondo con la sua arroganza e con il suo desiderio di potere”, specifica Benedetta Barzini poco prima della proiezione del film di suo figlio a lei dedicato, La Sparizione di Mia Madre, al London Film Festival. La madre vuole sparire, il figlio non vuole lasciarla andare e le chiede di farsi filmare un’ultima volta nella sua vita quotidiana prima che questo accada. Questo il tema del documentario, in cui si vede Barzini con i suoi vestiti sciatti, i capelli grigi e non pettinati, la scrivania ingombra di oggetti, il cortile del palazzo in cui Barrese filma sua madre mentre prova pose da modella in mezzo ai bidoni della spazzatura. Il tutto inframmezzato da immagini e video di Barzini all’epoca delle sfilate giovanili.
Benedetta Barzini è stata una delle modelle più famose degli anni ’60. Indossatrice per caso, si è ritrovata giovanissima a frequentare personaggi del calibro di Andy Warhol e Salvador Dalì. E quando la sua bellezza ha cominciato a perdere freschezza, ha indossato come un’ascia di guerra il volto pieno di rughe e la capigliatura ingrigita ed è diventata una delle prime modelle over 50.
Oggi Barzini afferma di voler davvero sparire dal mondo. Cerca un angolo che non sia contaminato dall’arroganza, dal desiderio di potere. E proprio lei che è stata una modella conosciutissima, adesso insegna alle ragazze dei suoi corsi di fashion che la bellezza non conta nulla. “Io facevo un lavoro. Mi truccavo, mi vestivo, ma poi tornavo a casa e ridiventavo Cenerentola. Era una mascherata che facevo al mio meglio, ma alla fine restavo uguale alla figlia della vicina di casa. Non sono mai caduta in quello che chiamo il vaso di miele“.
Da icona della bellezza a femminista agguerrita.
Quale è stata la scintilla che l’ha fatta varcare la barricata?
“Aver accumulato delle esperienze che mi hanno portato a riflettere. Ho capito che gli indumenti che indossavo potevano essere una chiave di lettura dei rapporti tra uomo e donna”.
Lei cerca di trasmettere queste sue riflessioni alle ragazze del corso di fashion a cui insegna. Ma deve essere difficile. Viviamo nell’epoca dei like, di instagram, dell’immagine ritoccata che diventa vita vera.
Se in una classe riesco a trasmettere questa osservazione obiettiva anche solo due o tre ragazze, sono felice. La moda non è separata dalla storia, dall’antropologia, dalla sociologia, dall’economia. Se ci si riflette si capisce perché la gente si veste come si veste. Bisogna essere sinceri con se stessi. Non è un peccato desiderare una borsa firmata. Bisogna capire perché la si vuole. Fare attenzione alle proprie insicurezze, avere consapevolezze di quello che si fa”.
Nonostante le sue battaglie ha un figlio che vuole lavorare nel mondo dell’immagine, quella del cinema.
“Rispetto il suo desiderio, ammiro la sua bravura e, in nome dell’amore materno, ho fatto violenza a me stessa e ho accettato di uscire dal mondo di silenzio nel quale ho scelto di vivere.
Agguerrita sì, pasionaria sì, ma alla fine sempre mamma.