Dieci anni a lavorare a Catepillar, trasmissione di punta di RadioDue Rai, non è uno scherzo. “È stata una trasmissione cult. Bastava dire Caterpillar e tutti capivano perfettamente. Mi sono divertita da morire”.

Assistente al programma, poi redattrice, poi regista. E tutto questo in Rai, in una trasmissione che ha avuto un seguito pazzesco, che muoveva le folle, il che equivale dire toccare il cielo con un dito.

Eppure, dopo vent’anni tutto finisce. Proprio nel momento in cui succedono delle cose, non belle, nella vita personale di Sabrina.
“Dopo un po’ sono stata tolta dal programma. Sono stata messa in due programmi del weekend. Non sono mai stata assunta in Rai, ma ho sempre avuto dei contratti. L’ultimo programma che mi hanno proposto avrebbe richiesto di alzarmi alle 4.30 del mattino sei giorni su sette per trasmettere in diretta. Non me la sono sentita”.

E a tutto questo si aggiunge la pandemia. Tutti i programmi vengono dirottati su Roma e i registi milanesi non servono più. “Non credo di aver avuto mai tanta paura nella mia vita. Il mio stipendio era il principale di casa e improvvisamente non c’era più. Mi sono sentita impaurita. Ho chiesto di poter continuare a fare qualcosa per i programmi, magari non la regia, qualcos’altro. Non ho avuto risposta”.

Non stupisce che il problema del lavoro stia molto a cuore a Sabina. “L’ho chiamato Progetto Personale e si tratta di un audio-documentario, una serie di interviste audio a persone che raccontano i lati belli e quelli meno belli del loro lavoro. Un podcast dedicato al lavoro, di cui ogni settimana metto in onda due puntate. Mi sta dando una libertà che non avevo mai avuto, mi sta impegnando molto ma lo sento molto mio. Sto imparando cose nuove e ho voglia di farlo bene”. Un programma in Rai, retribuito, potrebbe aiutare a uscire dal tracollo economico degli ultimi mesi. “Ma sento che non è la scelta giusta. Preferisco portare avanti questo mio progetto e poi rientrerò piano piano”.

Sabina ha un concetto molto alto e molto serio del lavoro. “La Rai è il servizio pubblico. A questo io davo molto valore. Forse non è stato così per tutti”. Non è una persona che sa coltivare le relazioni giuste solo perché possono servire. Sa fare il suo lavoro, e bene.

“Io ora sono il capo-progetto del mio podcast. Sto imparando un sacco di cose, anche tecniche. Per esempio, non ho mai avuto bisogno di un microfono, di strumenti. Usavo quelli della Rai, il meglio che si potesse trovare. Ora ho ricominciato comprando il microfono, montando le interviste, aggiungendo la musica.”.

“Lanciare questo progetto mi ha fatto tornare il batticuore. Lo stesso che provavo ai tempi di Caterpillar, quando tutto era nuovo, da imparare e da sperimentare”.
Sabina ha pensato che quel momento di spaesamento, come l’ha provato lei l’hanno provato in tanti. Ma mancava uno spazio di condivisione in cui raccontare.
“Mi sono fatta la start-up di me stessa. So che potevo farlo e farlo bene. Voglio che duri almeno un anno e che sia un progetto libero”. Lo è, www.progettopersonale.it. È libero e appassionato, a tratti dolente ma impeccabile, nella forma e nel contenuto. E, soprattutto, vero. Perché c’è dentro la paura del futuro, la voglia di riscatto, l’etica del lavoro.