“Rosso Istanbul” è il racconto di due viaggi che si incrociano in una Istanbul magica e surreale come la ricordo nei miei viaggi degli anni ’90.
L’esordio letterario del regista Ferzan Opzetec, una “chicca” per gli estimatori dei suoi film, solletica la voglia di andare (o di tornare) nella città che rappresenta un sorprendente e stimolante mix di Oriente ed Occidente.
Sembra quasi di vedere (complice forse l’“occhio narrante” del regista) le strade, le piazze, gli storici caffè, i suggestivi mercati che profumano di olii e spezie, i meravigliosi e caratteristici hotel, i palazzi fiabeschi come Topkapi, che fanno da scenografia ad un racconto emozionante, diretto, da leggere tutto d’un fiato.
La voce narrante è quella di un regista (lo stesso Opzetec), che dall’Italia torna nella sua amata città e intreccia il racconto della sua esperienza emozionale con quello di una donna italiana, partita per lavoro insieme al proprio partner, in un viaggio nel quale la sua storia personale – con un pizzico di suspence – vedrà una svolta nuova e irreversibile.
Ci si affaccia nella Piazza dove si manifesta per salvare dalla chiusura un prestigioso Teatro, si entra nella vecchia casa dove Ferzan è cresciuto, quasi si avverte sul viso il tiepido vento del Bosforo che scuote i capelli della nostra eroina co-protagonista, sembra di vederla attraversare a piedi la notte e in moto l’alba di una Istanbul reale e onirica al tempo stesso, e di avvertire la tenera nostalgia e l’ondata di ricordi da cui l’ io narrante si lascia investire.
In questa splendida città e nella sua cultura il nostro regista rivive con fascinazione e nostalgia i ricordi del proprio passato, e la nostra co-protagonista si immerge con tutta se stessa, lasciandosi accogliere e accompagnare da persone del posto a muovere i primi passi del suo viaggio più importante, quello verso la sua nuova vita.