Fa tenerezza il novantenne Zev Guttman, preda della demenza senile, che continua a chiamare la moglie Ruth senza ricordare che è morta la settimana prima.
Il suo girovagare svagato tra Stati Uniti e Canada, nel film di Atom Egoyan Remember, presentato oggi alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia, ha tuttavia uno scopo drammatico. Zev, istigato dal compagno di ospizio Max, deve trovare il comandante delle SS che ha sterminato la famiglia di entrambi ad Auschwitz e che ora vive sotto falso nome negli States.
Con in mano la lista dei possibili Rudy Kurlander, Zev passa di stato in stato, in pullman e in taxi, con l’andare barcollante e un beauty-case in mano, contenente le sue pillole e una pistola, alla ricerca di una vendetta per lui, per l’amico e per tutti gli ebrei uccisi nei campi di concentramento, tanto dolorosa quanto necessaria.
Il regista non si chiede se abbia senso cercare, nei volti rugosi degli anziani che Zev incontra, lampi di ferocia che settanta anni dopo potrebbero essere sopiti. Certe ferite, come il tatuaggio con il numero del prigioniero che Zev porta sull’avambraccio, non ci cancellano. Nemmeno quando il vecchietto in questione vive in una casa sul lago che sembra quella delle fate, circondato da una famiglia amorevole. E non se lo chiede lo spettatore, che salta sulla sedia nel finale del film, che scioglie, in modo mirabile, la vicenda.
Dopo Still Alice, che ha fruttato a Julianne Moore un Oscar, l’Alzheimer torna sul grande schermo. Insieme però, in questo caso, a molto altro: l’olocausto, la memoria, il dovere morale di cercare di scrivere la parola fine su una delle grandi tragedie dell’umanità.