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Neanche la migliore traduzione riuscirebbe a spiegare la disciplina della pole dance. E’ più facile affrontare la definizione al contrario: non è lap dance, non è ginnastica artistica, non è ballo. E’ però sensualità, capacità fisica e coreografia.

In palestra ci si trova a tu per tu con un palo che dal pavimento al soffitto segnerà tutti i progressi e gli entusiasmi delle praticanti.
A piedi nudi e bikini sportivo, si prende confidenza con uno degli attrezzi sportivi meno comuni e reattivi.

Cominciando con i rudimenti di impugnatura al palo, si provano i giri e si impara a “salire”, si impostano le posizioni e le prese fondamentali.
Ogni lezione è un cesellamento di coordinazione corporea, bilanciamento di leve e potenziamento di muscoli; in fase avanzata, la tecnica diventa arte e coreografia. In pochi mesi ci si trova a testa in giù con solo un ginocchio a far presa.

Sempre con molta concentrazione: guardare, capire e replicare il movimento sono elementi prima della lezione, poi di discussione negli spogliatoi e diventano argomenti inesauribili di chat, blog e siti tematici. Oggetti di culto sono i lividi e le spellature, i kit antiscivolo, il look della pole dancer.

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Nessun freno alla fantasia: la pole dance si pratica a piedi nudi o con i tacchi altissimi. Sono ammesse tutte le varianti personali, nel  look e nella tecnica.

Non esiste uno standard perché la pole dance è una disciplina nata dalle acrobazie circensi sui pali dei circhi in stanza all’inizio del ‘900 in nord america.
Negli anni della Grande Depressione le capacità acrobatiche hanno trovato applicazioni più remunerative nel filone hard della lap dance e del burlesque.

Fino ad arrivare ad oggi, disciplina di nicchia ma l’unica che riesce sempre a strappare un sorriso… alla pole dancer o al suo pubblico!