Chi non ama il pesto? E chi non ha mai cercato di ‘esportarlo’ di ritorno da un viaggio in Italia? Il problema è che il pesto è considerato un liquido, e come tale deve sottostare alla ferrea regola del ‘non più di 100ml’. In pratica una porzione da lillipuziani.

L’Aeroporto di Genova non ci sta. Come la mettiamo con tutti i genovesi desiderosi di assaggiare un po’ di aria di casa e sparsi per il mondo? Li lasciamo digiuni?
Decisamente no. Infatti chi parte dall’aeroporto di Genova potrà ora portare nel bagaglio a mano uno o più barattoli di pesto, anche con capacità superiore ai 100ml, fino ad un massimo di 500ml.  I passeggeri che vorranno partire con del pesto nel bagaglio a mano dovranno solo richiedere nei negozi convenzionati o presso la biglietteria dell’aeroporto un apposito bollino da apporre sul vasetto con la scritta ‘Il pesto è buono‘.
L’etichetta è promossa da Ascom, dall’Aeroporto di Genova e da Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) con media partner il gruppo Primocanale; con la sua applicazione si verserà un contributo di 50 centesimi che andrà alla fondazione Flyng Angels Onlus, fondazione nata a Genova, che si occupa del trasporto di bambini malati verso ospedali di tutto il mondo, compreso il Gaslini. Ovviamente si cerca di non trascurare l’importanza della sicurezza a bordo: i barattoli verranno, infatti, sottoposti a un controllo con uno speciale apparecchio radiogeno, che durerà pochi secondi e solo in seguito saranno riconsegnati al passeggero.

Tale iniziativa ha una duplice finalità in quanto da un lato intende promuovere il pesto come testimonial delle eccellenze enogastronomiche della Liguria, dall’altro ha lo scopo di raccogliere donazioni per la fondazione.

Da che è iniziato l’innovativo progetto, il primo giugno 2017, sono oltre 500 i vasetti di pesto decollati dall’Aeroporto genovese. Si tratta di un ottimo traguardo visto che, come sostenuto dal presidente dell’Aeroporto Marco Arato, si parlava del medesimo numero di barattoli che venivano buttati ogni anno alle partenze. Si trattava, quindi, di un enorme spreco oltre che di una mancata occasione di promuovere le eccellenze italiane all’estero. Da qui, l’idea di collaborare con Enac, al fine di trovare una soluzione alternativa nel completo rispetto delle norme di sicurezza.