Mi ricordo, tanti anni fa, quando vidi per la prima volta le opere di Georgia O’Keeffee. Fu durante un viaggio in New Mexico e l’impressione fu così forte che io e i miei figli – allora bambini – ci mettemmo a passeggiare nel vicino deserto alla ricerca di ossa di animali, come faceva lei quando voleva dipingerle.
Georgia O’Keeffee fu pittrice famosa quasi suo malgrado. La sua prima mostra venne organizzata da Alfred Stieglitz, fotografo, commerciante d’arte e in seguito suo amante e suo marito, a sua totale insaputa. Quando venne a sapere che Stieglitz aveva trovato interessanti i suoi disegni al punto da esporli si arrabbiò moltissimo.
Nata nel 1887, metà degli anni ’20 era già famosa per i suoi panorami di New York. Abitava al 30mo piano di un edificio ed era affascinata dalle altezze e dalla verticalità di New York.
Fiori e deserto
Ma quello per cui la O’Keeffee doveva diventare famosa doveva ancora arrivare. Nel 1929 fece un primo viaggio in New Mexico. Il viaggio destinato a cambiarle la vita. La natura del deserto, i fiori, i cieli, la cultira ispanica entrarono prepotentemente nella sua pittura e nel profondo della sua anima per non andarsene più. Per 30 anni passò tutte le estati in New Mexico – nonostante il marito non volesse seguirla perché detestava il caldo – e quando Stieglitz morì vi si trasferì definitivamente.
Si mise a dipingere fiori giganti, insistendo molto sull’apparato riproduttivo del fiore stesso. I critici vollero trovare un simbolismo sessuale nei suoi dipinti che la O’Keeffee negò sempre. Disse che dipingeva fiori giganti perché se li avesse dipinti nella loro reale dimensione non se ne sarebbe accorto nessuno.
Sono incappata di nuovo in Georgia O’Keeffee al Centre Pompidou di Parigi, in modo del tutto casuale. E ho trovato la stessa forza, gli stessi meravigliosi colori, la stessa atmosfera, tanto che sono corsa a comprarmi un libro su come dipingere (io che con il pennello in mano sono una capra).
La mostra resta a Parigi fino al 6 dicembre e se hai in programma una visita parigina te la raccomando proprio.
Se vuoi ascoltare il podcast che il Centre Pompidou mette a disposizione per la visiti alla mostra, clicca qui.