Immagina di avere vissuto tutta la tua vita da bruna. Tutti quelli che ti conoscono, da quando sei nata, ti considerano una mora, con tutto quello che ne consegue. All’improvviso ti fai bionda platino. E spiazzi.
Una cosa simile è capitata all’attore-affabulatore Marco Paolini . Solo che i capelli non c’entrano (anche perché non ne ha molti). Tutta la vita – e la carriera – a fare il cosiddetto teatro civile, a parlare dei fattacci dell’Italia, a schiaffeggiare, a ricordare, anche e soprattutto quando fa male, e poi, oplà, un doppio carpiato e cambia tutto. Con il suo ultimo spettacolo, ‘Numero Primo’, un work-ancora-in-progress scritto con Gianfranco Bettin che Paolini ha portato per ora in una ventina di teatri, prevalentemente del nord e nord-est, gira le spalle (metaforicamente) a tutto quello che ha fatto finora e cambia registro, raccontando una storia distopica, ambientata in un futuro prossimo, dove a Venezia non si va per vedere piazza San Marco e Palazzo Ducale ma per andare a Balocchi, grande giocattolificio per adulti dove, grazie a stampanti 3D, puoi acquistare, anche solo per mezz’ora, tutto quello che vuoi, da una Ferrari a una capra, e dove Porto Marghera viene cancellato e sostituito da un grande ‘nevificio’, un produttore di neve finta da spargere sulle bianche scogliere di Mestre.
Paolini ci ha tenuti incollati per oltre due ore a Londra, all’Istituto di Cultura, per raccontare questa storia improbabile di un padre e un figlio ‘putativo’ che si chiama Numero Primo, intelligentissimo nonostante i suoi cinque anni e mezzo. Mi ero presentata con telecamera e cavalletto per fargli una video-intervista, ma mi ha talmente spiazzata che ci ho rinunciato e ho preferito meditarci su un po’.
‘Numero Primo‘ fa pensare, fa ridere (fino alle lacrime, in certi punti, soprattutto se come me conosci un po’ quella parte d’Italia tra Mestre e Venezia) e fa masticare amaro, ma a questo Marco Paolini ci aveva già abituati.
Lo porterà in giro per altri teatri italiani e, ti consiglio, non perderterlo proprio, che di intelligenza in giro non se ne vede poi molta.