E’ finalmente nelle sale il film del regista Sorrentino – in concorso a Cannes – che ha diviso critica e pubblico, italiani e francesi, “La grande bellezza”.

Non è semplice restituire la visione –surreale, a tratti onirica, di immagini superlative e struggenti di una Roma notturna e soleggiata, segreta e manifesta – e un racconto fatto di frammenti, che mostra la capitale e il suo Paese, nel nostro tempo.

toni servillo la grande bellezza foto di gianni fiorito

Il film atterrisce e sgomenta e non può che dividere: quella del film è una città da fine impero, in decomposizione (e mai come ora pare attuale la definizione terribile di James Joyce, che scrisse di Roma: “… sembra un uomo che si mantenga col mostrare ai viaggiatori il cadavere di sua nonna”): decadente, marcescente, in cui appare un ceto intellettual-politico-televisivo-imprenditoriale, insomma quello che viene definito “il generone” romano, impegnato in rozzi  baccanali che nulla hanno di allegro, ma appaiono osceni e disperati. Nei commenti è stata ricordata spesso a questo proposito “La dolce vita”, ma l’evocazione della filmografia felliniana  è semmai rivolta al “Satyricon”.

La Grande Bellezza

Il personaggio principale (napoletano immigrato nella capitale come il regista) è Jep Gambardella (“… mi sono commosso, nessuno mi chiama più Geppino”), giornalista viveur e mondano di professione, che conosce tutti, che tutto ha provato e tutto ha visto, cinico e annoiato, il motore dell’indaffarato e chiassoso nulla che lo circonda.

Il film scorre (per un tempo lunghissimo sugli schermi, due ore e trenta minuti), come una sinfonia:  a tratti incoerente e appesantita da affermazioni sentenziose e metafore risapute ma, nella quasi sua interezza, avvolgente e pervasiva, affascinante e terribile con i suoi personaggi mostruosi e la bellezza sovrannaturale di una città fotografata con abilità unica, spirituale e immanente:  qualche frammento di attuale splendore e un passato glorioso e irrecuperabile.

“La grande bellezza” è un film che  di certo rimarrà nella filmografia italiana come uno dei suoi elementi importanti: per il fascino della narrazione; per l’eleganza e la meraviglia della musica, che tutto lo pervade; per la fantasia, il coraggio, la sperimentazione della sua rappresentazione.