Gandhi ne aveva fatto il centro della sua politica: la tessitura a mano del cotone con il charkha, la ruota da tessitura, che serviva per farsi i propri vestiti diventò un’arma contro i colonialisti britannici che esportavano cotone in India. Ghandi magari era bravissimo a tessere, ma di sicuro non era il solo. L’India è un paese di tessitori sofisticati e la mostra The Fabric of India al V&A fino al 10 Gennaio 2016 lo dimostra.
La mostra celebra la diversità e l’abilità dei tessuti indiani, con 200 oggetti fatti a mano, dalle pezze di tessuti usati tutti i giorni ai vestiti preziosissimi, ricamati e incastonati di pietre semipreziose impiegati in cerimonie e matrimoni.
Una mostra che a un pubblico femminile (ma anche a un pubblico maschile attento all’argomento) può far perdere la testa. Ci sono i bozzoli del baco da seta e la pianta del cotone e poi, attraverso l’uso sapiente delle mani, i fili e i tessuti che ne derivano: quelli grezzi da ‘tutti i giorni’ e quelli intrecciati con oro e argento delle occasioni speciali. Le stoffe dei contadini e quelle dei re e dei sacerdoti, fino ai sari con bottoni e zip (concessione alla modernità) degli stilisti di oggi che da una parte si inchinano alla tradizione dall’altra strizzano l’occhio alla contemporaneità, ben sapendo che le ragazze indiane di oggi, se proprio vuoi che preferiscano il sari ai jean firmati, devi conquistartele con qualche trucco.
Manish Arora, Rahul Mishra e Rajesh Pratap: segnati questi nomi che se dovessi andare in India li troverai nelle boutique più trendy.
La mostra è sponsorizzata da Good Earth, che lavora da anni nel campo del ‘lusso sostenibile’ con abiti di design fatti in India ma dal taglio contemporaneo.