All’aeroporto di partenza, in Italia, di fianco a me c’era una signora over 50 accompagnata dal figlio meno che ventenne. Lui era un normalissimo ragazzo in jeans e maglietta. La madre indossava un cappello da cowboy, shorts in jeans raso-culo, stivali tipo camperos e una giacca scamosciata con le frange. Era la quintessenza della frequentatrice di Ibiza e il mio rapporto con l’isola delle Baleari si guastò immediatamente.
Andavo ospite di un’amica e tutto sommato la settimana passò senza troppi danni (se non vogliamo considerare che per avere un lettino in spiaggia bisognava prenotare due o tre giorni prima).
Non ci sono più tornata fino a ora. Agli inizi di maggio. All’aeroporto (questa volta partenza da Londra) mi guardavo intorno in cerca di quei fenomeni da baraccone che, ne ero sicura, stavano per approdare nell’isola per le ‘aperture’ delle grandi discoteche. Invece niente. Gente normale, come me, come una me più giovane, ma insomma niente ‘strappone’ con le frange. Che l’isola sia cambiata?
Temo di no. L’isola è sempre la stessa e la strada che va dall’aeroporto a Salinas te lo ricorda continuamente promuovendo i DJ che si alterneranno alle varie console per l’estate in arrivo, con serate che iniziano alle 18 e finiscono alle 9 del mattino dopo.
È il periodo, che è diverso. In maggio – e anche in giugno – è tutto più slow. Il sole non è cosí forte, il mare non è cosí caldo, le spiagge non sono cosí affollate, i ristoranti ti accettano anche se non prenoti, se entri in un negozio ti salutano e ti danno pure retta.
Insomma, ho un po’ fatto pace con l’isola che, a patto di NON andarci in luglio e agosto, puó essere piacevole e tranquilla.
Il nord è forse la parte più isolata, con spiaggette piccole dove pochi si avventurano. Dall’aeroporto e dalle spiagge di massa del sud sono un bel po’ di chilometri di strade di montagna e non tutti hanno voglia di farle. Quindi se ti spingi fino a Portinax, nell’estrema punta nord, trovi poca gente. Los Enamorados, dove sono stata, è un piccolo boutique hotel che ti fa piombare negli anni ’70 ancora prima di appoggiare la valigia.

Nello shop di Los Enamorados ci sono mille curiosi oggetti da comprare, tutti molto Seventy (e tutti molto cari). E si entra solo scalzi.
C’è un ristorante-terrazza sulla spiaggia, uno shop con oggetti flower power e tutti, dalle cameriere ai manager, girano con grandi caftani floreali.
Mi sono tenuta a debita distanza da Playa den Bossa e Sant Antony, meta di divertimento cheap, che vai a vedere che anche a maggio sono prese di mira dalle folle. Sono invece andata al mercatino hippie di Las Dalias a San Carlos dove ti diverti di più a guardare la gente che lo frequenta che la merce in vendita.
E in tema di shopping ho scoperto un piccolo paradiso. Essendo un’isola dove ville e hotel di ogni genere non si contano, esistono una quantità di negozi di arredamento enormi, pieni di tutto e tutto molto colorato, a prezzi nemmeno tanto folli.
Sluiz a Santa Gertrudis è da perdersi e bisogna assolutamente vedere anche il caffé-ristorante, il regno del massimalismo, alle cui pareti hanno appeso e attaccato ogni ben di dio, bamboline, crocifissi, specchi, oggetti, con un effetto che puó fare girare la testa. Altrettando carino è Cocoq, sulla carretera Santa Eulalia-Ibiza km 6.2, mentre Ksar Living, Carretera de San Juan km 11.6, è una robetta più da interior designer, dove oltre a oggetti di indubbio gusto possono anche occuparsi di progettare la tua villa. Cha-cha muebles, infine, carretera San Josep km5, è un negozietto curioso e carino a Santa Getrudis, il mio paesino preferito. Io non sono mai stata hippie, nemmeno quando l’età me lo avrebbe permesso. Ma Santa Gertrudis, tranquillo, pacato, ti fa quasi voglia di diventarlo. Non c’è niente dell’eccesso della Ibiza da discoteca, addirittura non vedi nemmeno il mare da qui. è pura campagna, chiesette imbiancate di calce, vecchietti che giocano a carte seduti ai tavolini dei bar e qualche turista (ricorda, era maggio) di quelli per niente rumorosi.
Avessi avuto il tempo mi sarei fermata qui più a lungo, a godermi il tepore del sole del pomeriggio, a bermi una birra fresca magari chiacchierando con i locali. Avrei fatto la viaggiatrice lenta, che non vuole assolutamente vedere tutto ma si ferma e assapora un angolino di un luogo fino a farlo suo. Qui o a Santa Eulalia, altro paesino riservato e silenzioso, da chiedersi perché si buttano tutti al sud quando nel centro dell’isola si sta cosí bene.
Si sta bene anche a cena da Ses Escoles, sulla carretera Ibiza-Portinax km 9,8, una oleoteca trasformata in ristorante con menù ibizenco, pochi frizzi e molta sostanza, servizio attento e prezzi giusti. Certo, non ti sembra di essere a Milano o Londra, come in altri ristoranti rinomati dell’isola, dove si va to see and to be seen. Non c’è la musica alta, i camerieri non sembrano usciti da una rivista di moda, i frequentatori non si riversano nelle discoteche fino all’alba appena posato il bicchiere.
Se questa è l’Ibiza che ti piace, vacci adesso. Ora o mai più.