“La Grande Bellezza“, il visionario film di Sorrentino, ha vinto l’Oscar, primo premio al tricolore italico dopo 15 anni, e certo non si può dire non sia un film”italiano”. Ne abbiamo già scritto quando apparve nelle sale: ora vogliamo indicare qui i luoghi della “Grande Bellezza” , certe come siamo che si moltiplicheranno i tour alla loro scoperta (o riscoperta).
L’apertura è su un classico panorama del Gianicolo, quello che si gode dal Fontanone dell’Acqua Paola; si continua poi sul moderno tetto terrazzato del palazzo dell’Ina, tra via Bissolati e via Sallustiana, davanti all’ultima sopravvissuta insegna al neon di Via Veneto, quella della Martini.
Verdone accompagna la sua amica, che lo tratta malissimo, in piazza dell’Orologio, e lì parcheggia in divieto di sosta, con molta aderenza alla realtà quotidiana. La performance dell’artista, sbeffeggiata da Jep Gambardella nell’ intervista iniziale, si svolge nello spettacolare Parco degli Acquedotti sulla via Appia; e poi ancora il Gianicolo, vista San Pietro.
Il Lungotevere è osannato in tutto il film, qui ripreso tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini; la splendida cena, l’unica che non si svolge in una terrazza privata, è in un ristorante davvero splendido, La Veranda, mentre Sabrina Ferilli e Toni Servillo passeggiano nel giardino del Priorato dei Cavalieri di Malta, all’Aventino.
Le immagini iper-note ci sono quasi tutte, quelle da cartolina e da foto a ripetizione, ma fanno quasi sempre da fondale, da rapido scorcio; autentici protagonisti e vere scoperte sono i palazzi nobiliari e ancora privati, fiabeschi e segreti, oppure le sale solitamente inaccessibili di musei.
il ragazzo fragile e depresso, infine suicida, vive al Palazzo dei marchesi Sacchetti, tuttora abitato dai proprietari in via Giulia; altre scene, quelle delle iniezioni di botox del mostruoso medico-santone sono girate a Palazzo Altemps e Palazzo Braschi, ormai invece entrambi musei.
Immancabile invece è la tappa a Palazzo Spada, per la celeberrima prospettiva del Borromini citata nei libri, ma in cui non è facile in realtà accedere, e dunque non è facile poter vedere, essendo (anche) sede del Consiglio di Stato. In verità noi, da vere esploratrici, qualche estate fa vi siamo penetrate, approfittando del portone aperto e incustodito, pronte a fingerci straniere ignare e un po’ tonte, ma non ce ne fu bisogno, non essendoci alcun controllo nelle sale deserte, forse per il caldo feroce…
E poi ancora il giardino di Villa Medici, dalla parte dell’affaccio, altro luogo troppo spesso difficile da raggiungere senza eventi; Palazzo Taverna degli Orsini ospita invece, accanto ad una delle fontane del giardino, la ricerca della “Santa”.
Il personaggio (Giorgio Pasotti nel film) che misteriosamente ha le chiavi per aprire tutti i meravigliosi palazzi (“E’ un portinaio?” chiede ingenuamente Sabrina Ferilli; Jep Gambardella nega, ma non ci dice chi è) esercita davvero una fascinazione autentica per questo suo potere.
Il film termina con i “grandi classici”: la Terrazza del Pincio, via dei Fori Imperiali, il Circo Massimo e poi le Terme di Caracalla, per salutare la giraffa.
Infine, prima dei titoli, un’eplorazione lunghissima ancora sotto i ponti del Tevere, avvolta da quella splendida, struggente aria musicale che accompagna tutto il film, e che sembra nascere proprio dal fiume.