Immagina una signora che gira con la macchina fotografica al collo per i quartieri più poveri di New York. Sono gli anni ’40 e le signora in questione si chiama Helen Levitt. Passeggia e scatta, scatta e passeggia. Quello che vede sono donne con la messimpiega dozzinale sulla porta, anziani, venditori di giornali e di bibite. E bambini, tanti bambini. Per lo più laceri e sporchi ma sempre, inequivocabilmente, sorridenti.
Helen Levitt (1913-2009) li fotografa mentre giocano, si nascondono dietro le ruote delle macchine, improvvisano capanne con pezzi di cartone, saltano da un muretto all’altro. E sembra si divertano anche se intorno la New York che li circonda non ha niente a che vedere con quella scintillante di oggi.
Le foto di Helen Levitt, che nella seconda fase della sua carriera si era messa una macchina fotografica nascosta in un cappotto, lo shutter nella borsa, e fotografafa di nascosto la gente nella metropolitana, sono adesso in una bella retrospettiva all’Albertina di Vienna.
Se invece hai gusti più classici, l’Albertina non ti delude: fino a gennaio c’è una spettacolare retrospettiva del lavoro di 20 anni di Claude Monet. I primi dipinti, la cattedrale di Rouen, Wesminster Palace avvolto nella nebbia, le ninfee del giardino di Giverny, il ponte giapponese dipinto quasi a memoria, quando ormai il pittore era quasi cieco. Non manca quasi niente. Tranne le ninfee giganti di stanza a Parigi in un museo costruito apposta per loro.