Non è il suo vero nome, ma è come lei vuole vedersi. Un po’ beat e molto bionda. Ma per niente aggressiva, niente diva del rock. Anzi, a detta sua piuttosto timida, un po’ introversa, una a cui piace stare un po’ rintanata nella sua casa delle colline zurighesi, in una casa con grande giardino che divide con il marito, tedesco e molto più party animal di lei.
Il suo primo lockdown l’ha vissuto all’italiana, nonostante in Svizzera le regole fossero più blande che da noi.
Per una che si definisce introversa avere fatto la fotografa sportiva per tanti anni suona un po’ strano. “Mi sono occupata per molto tempo di rugby. Ma anche di equitazione, salto a ostacoli, thai-box, canottaggio. Ho seguito molti progetti e sono diventata amica dei giocatori e delle loro famiglie. Poi ho aperto una mia agenzia e ora faccio foto di prodotto, ma senza scattare. Faccio casting, la direzione artistica, la ricerca dello studio per prodotti di vario genere”.
Poi a studi chiusi, visto che i set richiedono tra l’altro un minimo di 10 persone e il distanziamento sociale è piuttosto difficile, si è guardata intorno nella sua casa vista lago e si è ricordata di una vecchia poltrona preferita di suo nonno, che Guenda aveva ereditato.
“Tutte le volte che andavo a trovare mio nonno mi ci sedevo e l’adoravo. È diventata mia alla morte dei nonni, ha girato varie case e ormai cadeva a pezzi. Da tanto tempo pensavo che avrei dovuto metterci le mani. Di buttarla non se ne parlava nemmeno. Portarla da un tappezziere nemmeno. A Zurigo i prezzi sono proibitivi. Quindi mi accontentavo di usarla con una coperta sopra a nasconderne le brutture. Ma quando è iniziato il lockdown mi sono decisa”.
Guenda ha visionato decine di tutorial su YouTube e ha affrontato tutto, le molle e come si legano (legatura a otto punte), i chiodi e quali servono, ha ridotto a legno vivo la sua poltrona carissima, l’ha ridipinta, ha fatto foto ai vari strati che toglieva e l’ha ritappezzata con una tela trovata per caso ma nata, a quanto pare, proprio per quella poltrona. “Ringrazio tutti i miei insegnanti su YouTube, tutti artigiani sui sessant’anni che mi hanno insegnato passo per passo come fare”.
“È stato un lavorone, ma anche una soddisfazione infinita. Io sono sempre felice di imparare una cosa nuova e se posso sporcarmi le mani sono sempre felice di farlo. Relativamente alla situazione distopica del lockdown, vedermi capace di fare una cosa di cui sono orgogliosa, mi ha dato tantissima fiducia in me e mi ha messo nello stato d’animo di pensare che posso affrontare qualsiasi cosa mi si presenti. Ora so di potercela fare”.
È stato un lavoro d’amore, perché era la poltrona di mio nonno. Non ho voglia di tappezzare altro. Voglio tornare al mio lavoro. Ma ora so che posso fare tutto. Io faccio un lavoro di organizzazione, e usare le mani nel tempo libro è terapeutico”.
Il lockdown ha tirato fuori del buono. “Io ho perso mia nonna, il giorno di Pasqua. Se escludo l’aspetto più doloroso, qualcosa mi rimane di questi due mesi. Ed è qualcosa di positivo. Mi sono trovata bene con me stessa”.
“A volte ho difficoltà a stare al passo di un mondo che corre, che esce, che fa. Tenderei a chiudermi, ogni tanto. In questi mesi il resto del mondo ha dovuto rallentare e andare al mio passo. E io ho avuto la sensazione di appartenervi di più. Mi sono ritrovata dentro una bolla di calma e questa pace mi ha permesso di riscoprire la noia, dalla quale cerchiamo di scappare, ma che è utile. Mi sono trovata a fissare il soffitto e a permettermi di annoiarmi. Questo periodo mi ha dato modo di fare esperienze di intimità con me stessa che non credo mi ricapiteranno”.
Qualcosa ha fatto clic, nella testa di Guenda ma anche di molte altre come lei. “Io a questo clic tengo particolarmente e ci resterò aggrappata con le unghie e con i denti. E quando si tornerà al caos normale mi scuserò di meno quando avrò bisogno di farmi gli affari miei, quando vorrò restare nel mio nido. Sarò più serena nell’essere me. Ho capito che le introspezioni di cui sono capace sono importanti. Il lascito più grosso di questa esperienza è che mi ha lasciato più centrata”.