Lui, George, galleggia nello spazio insieme a Sandra Bullock. Tu stai inchiodata alla poltrona, con il rischio di affondare le unghie nella coscia del vicino di sedia. “Gravity”, il film di apertura della 70ma Mostra del Cinema di Venezia, e’ “Hollywood at its best”. Il regista Alfonso Cuaron usa lo spazio e il 3D come il salotto di casa sua e la storia si aggancia fin dai primissimi minuti e non molla per tutta la durata del film.
A dispetto del fatto che Clooney reciti per quasi tutto il film imbragato in una tuta da astronauta, casco compreso, la sua e’ una performance che fa sognare. Matt Kowalski, astronauta di esperienza, scherza con Houston e con l’ingegnere Ryan Scott (Sandra Bullock), e’ sornione, simpatico, acuto e distaccato, ma lucido e generoso quando accade – quasi subito – il disastro, e cioe’ la pioggia di detriti lanciati nello spazio come proiettili verso la loro astronave.
“Era l’unica parte che avrei potuto fare”, ha detto Clooney nella affollatissima conferenza stampa. “Non mi andava di fare capriole in mutande all’interno dell’astronave”, ha scherzato riferendosi alla parte della Bullock.
Ed e’ proprio la Bullock, a poco a poco, a prendere il timone della storia e della scena, passando dall’essere un’astronauta immersa nel suo lavoro a rivelare la tragedia della sua vita privata. La scena in cui piange davanti al quadro dei comandi che non riesce a interpretare e la lacrima fluttua nell’assenza di gravita’ e’ toccante e bellissima. E Alfonso Cuaron (insieme al figlio Jonas, a cui si deve lo script) dimostra di essere un regista da manuale.
Se c’e’ una volta in cui vale la pena mettersi gli occhialini per vedere un film in 3D e’ questa. Nonostante la tuta spaziale di George.