Un elegante libretto di sessantacinque pagine e di mezzo formato UNI in verticale. Un gradevole volumetto semi tascabile che, fosse stato scritto male, avrebbe potuto esser definito un libricciuolo o addirittura un libercolo, avvelenando così il contenuto con la scusa del formato ridotto. Al contrario, questo è un piccolo libro che vola alto.
Cominciamo col dire che questo omaggio di testa e di cuore di Alessandro Agostinelli alla Giordania (Giordania stilografica, Edizioni ETS, € 10) è un vero libro zeppo di notizie curiose, riflessioni intriganti, cronache puntuali, descrizioni e considerazioni dotte. È un libro che, dopotutto e a ben pensarci, avrebbe potuto assumere l’identità di un pampleth, certo non con il significato che abitualmente gli viene attribuito di libello satirico o polemico, cosa che lo scritto di Alessandro non è, ma accostandolo piuttosto – per la ricercatezza dei contenuti – alla piccola opera elegiaca del tardo latino Panphilus seu de Amore, di ampia diffusione nell’Europa letteraria del XII secolo.
Quindi il libro di Agostinelli, non polemico e non satirico, è un pamphlet mancato; ma lo si può accostare al Panphilus che parla d’amore per come descrive la Giordania, per come colloquia con la gente, per come assorbe ed elabora le diverse atmosfere di vita di un paese difficile ma affascinante.
Franco Cardini, nella letterina personale (non introduzione) di Giordania stilografica, definisce l’amico Alessandro un navigato cantastorie, più che uno scrittore-giornalista. Verso la fine, dopo aver condensato in poche righe saperi, esperienze e conoscenze del mondo arabo e segnatamente della Giordania, lo ringrazia, con percepibile occhio umido, per avere rievocato con i suoi svelti e incisivi capitoli mai dimenticate esperienze personali di viaggio. Di più: ambirebbe, Cardini, un ritorno nel deserto magico del Wadi Rum a bere tè sotto una tenda di pelli di capra, abbandonando l’indispensabile e diseducativo PC a favore (come l’amico) di una penna stilografica e una buona scorta di cartucce d’inchiostro; desiderio finale di rinnovata evasione, quello espresso dallo storico fiorentino! Molti (anche chi scrive) hanno avuto modo di conoscere la Giordania; ma è fuori di dubbio che le pagine di Agostinelli sono quelle che meglio ne sondano in profondità differenze e omogeneità, ombre e luci. Beninteso: usando una penna stilografica caricata con cartucce di inchiostro, non importa di quale colore.
Le tante Giordanie di Alessandro
Racconti dicotomici, quelli di Agostinelli. Riferendosi alla capitale Amman, al Mar Morto, a Petra, al fiume Giordano o al deserto Wadi Rum, ne disvela i piccoli segreti e descrive gli attimi sospesi che lo eccitano nell’attesa di visioni, monumenti come paesaggi: trionfo per gli occhi e appagamento per l’anima. Sensazioni positive presto disturbate da altri segni moderni negativi, rimarcati dall’onnipresente plastica; come dire: le profonde bellezze delle tracce della storia e gli immancabili segni di degrado e diseducazione, parimenti descritti in scioltezza e modernità.
Anche le parole e i racconti delle persone con le quali viene in contatto sono spunto per spiegazioni e approfondimenti a beneficio del lettore che, alla fine, scoprirà un paese dalla storia e dalle tradizioni affascinanti. Questo, sia che parli con l’autista, il cammelliere, lo chef di un grande ristorante o con l’addetto alla ricostruita piccola piscina battesimale per i turisti sul fiume Giordano, vicino al luogo dove Gesù è stato battezzato dal Battista. Lungo le strade assolate del paese, in compagnia della guida Khaled (fonte continua di spunti e suggerimenti) l’autore riflette sulla diversità fra turista e viaggiatore, concludendo che il primo viaggia con altri che provvedono, quanto più è possibile, alle sue necessità, mentre il viaggiatore fa in modo di trovarsi pronto per ogni imprevisto, autonomamente; per assurdo, gli basta un uovo sodo e una bottiglia d’acqua nello zainetto. Il suo viaggio, come quello dei pastori o dei viandanti del luogo, avrà occhi solo per ciò che lo circonda e lo arricchisce.
Lungo strade e luoghi millenari
Poi c’è la Giordania dei monumenti, dei luoghi naturali fantastici e dal fascino immutabile, anche in tempi di realtà virtuali quali i nostri. Le bellezze del Teatro Romano di Amman, certo, ma anche la quotidianità millenaria del Museo del Folclore; oppure l’umanità composita e vociante di Al-Balad – botteghe, rumori, afrori – contrapposta al popolare e sofisticato universo dei cibi e dei templi che lo consacrano. In quest’occasione Alessandro dà convincente dimostrazione, prima di competenza culinaria nella ricerca e citazione di piatti e spezie, quindi dell’abilità consumata di cronista scrupoloso e attento: guardate, sembra dire: io ho chiesto il nome di ogni ingrediente, di come debba essere preparato, servito e infine assaggiato: l’ho fatto per voi, cari lettori. Si, anche questo “cari”; Agostinelli è giornalista fino in fondo; vuole colloquiare con chi lo legge e sembra voglia assicurarsi che il lettore – in viaggio con lui – abbia “anche” la possibilità di capire il mondo dicotomico (grandezze e miserie) che sta descrivendo.
Il buon cibo conduce a visioni rilassate del resto del Paese. Le curiosità del Mar Morto, nel quale l’autore pare più interessato a scoprire sino a che punto chi nuota riesca ad immergersi sotto il pelo dell’acqua; una sfida ostinata con le salatissime acque persa in partenza. Giunto a Petra, rimane affascinato dalla grandiosità misteriosa delle tombe grigie e colorate e si aspetta di incontrare, ad ogni curva dei percorsi tra i monti, dietro ogni colonna degli incredibili templi, i beduini del deserto provenienti dallo Yemen o qualche mercante Nabateo, cui chiedere altre cose ancora da poter riportare nei suoi taccuini zeppi di inchiostri stilografici.
Scrive Agostinelli, a tu per tu con l’incredibile deserto del Wadi Rum: “…non si può dire di aver vissuto abbastanza finché non si è visto un tramonto nel Wadi Rum. Ed è difficile sostenere tutto questo, contenere intimamente questa visione. È come se la natura – non dio, non la legge – ci mettesse una mano sul capo e ci dicesse: guarda, sei piccolo e io immensa e ti tengo in pugno; puoi respirare tutto questo ma fai attenzione, sei soltanto un prestito dato alla Terra”.
Due le gemme conclusive di Alessandro sulla “sua” Giordania: il tentativo di conoscere il paese dal di dentro, interrogando il barbiere di Amman che tra i suoi clienti annovera anche personaggi potenti, quelli insomma che tengono le redini della nazione; mille altre notizie dal barbiere: sul suo lavoro, sui cambiamenti della città; per il resto, un accattivante sorriso e nulla più.
Alla fine, la meraviglia della mappa-pavimento di Madaba è la sublimazione delle aspirazioni del giornalista di viaggio Agostinelli e di coloro che svolgono un lavoro simile al suo: studiare, capire la terra attraverso le carte geografiche, summa visiva della presenza dell’umanità nel mondo. Lo spiega lui stesso, a conclusione del suo ultimo incontro col paese della Kefiah: “…vedere la mappa di Madaba è importante per capire come uno strumento così antico possa dare non soltanto un’emozione estetica, ma il convincimento di guardare nel profondo il modo di vedere il Mondo di quei popoli […] è proprio questa la capacità delle mappe. Una competenza non solo utilitaristica, ma anche lo specchio di una cultura, la sinopia della maniera di fissare concetti e conoscenze del mondo che si è percorso fino ad allora”.
Federico Formignani