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Il liquido bollente è scivolato sulla superficie metallica delle lastre, le ha aggredite, divorandole. Si chiama “Facing”, l’installazione composta da cinque grandi tavole di metallo che portano impresso il volto di una donna. Non sono dipinti: quei ritratti sono prodotti dall’acido, lo stesso acido che ogni anno nel mondo sfregia  migliaia di donne condannandole ad atroci sofferenze, cambiando la loro vita.

Sono le ultime installazioni nate in Fabrica (www.fabrica.it), il centro di ricerca di Benetton Group.  Nella sede di Fabrica, a Catena di Villorba, un paese appena fuori Treviso, sono nate le due grandi opere realizzate per la campagna  della Giornata Internazionale dell’Onu per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Una è quella uscita sui cartelloni e su tutti i giornali: una giovane lapidata con petali di fiori; l’altra, molto più forte  e meno rassicurante, è appunto quella rimasta nello spazio di Fabrica, e si chiama  “Facing ”. Erik Ravelo, cubano, è il responsabile dell’area Social Engagement Campaigns di Fabrica. Uno stage nella struttura, in cui poi è tornato come direttore creativo del magazine “Colors” per passare alle campagne di comunicazione.

Spiega Ravelo: «Abbiamo usato lastre di metallo. E abbiamo cercato sul web volti di donne che sono state realmente sfigurate dall’acido. Li abbiamo riprodotti sulle lastre. Abbiamo gettato l’acido, e abbiamo lasciato che facesse reazione». Quel che sulla pelle è istantaneo, sulla lastra è accaduto in 48 ore: tolta la protezione, sono apparsi i cinque volti salvati in mezzo alla ruggine e alla corrosione. «Il solo gesto di versare acido ci faceva sentire male», afferma  Ravelo.

Per dare vita a “Facing”, un gruppo di giovani creativi sotto i 25 anni provenienti da vari Paesi del mondo ha lavorato per un mese; una volta completata l’azione dell’acido, hanno con attenzione e pietà levigato e rifinito i “volti salvati”, per dare grazia ai drappeggi dei chador, e profondità agli sguardi.

Tutto ciò, in attesa del prossimo marzo, quando le lastre saranno messe all’asta per sostenere UnWomen, l’ente delle Nazioni Unite che lavora per favorire il processo di crescita e di sviluppo della condizione femminile nel mondo.