Dal 24 marzo al 12 giugno del 1999, in seguito alla feroce politica di pulizia etnica perpetrata da Slobodan Miloševic’, la Nato bombarda il Kosovo.
Doveva essere una guerra rapida, pulita. Perfetta. Tutti i soldati occidentali avrebbero dovuto tornare a casa sani e salvi. Invece.
Invece sono ottanta giorni di attacchi aerei, tredicimila civili albanesi uccisi, ventimila donne torturate, un milione di rifugiati in Albania.
Una strage. Che Elvira Dones, scrittrice albanese che in questo romanzo usa la sua lingua d’adozione, l’italiano, racconta dal punto di vista femminile.
Basandosi sul testimonianze di donne kosovare, la scrittrice racconta una storia che è un coltello infilato a tradimento nello stomaco, che ti lascia senza respiro pagina dopo pagina. Siamo tutte Nita, Besa, Alma. Sentiamo nella carne la loro paura, la violenza che devono subire. Ci catapultiamo, anche senza volerlo, tra quelle strade squarciate dal fischio delle bombe e delle pallottone, ci nascondiamo dietro i muri sentendo i passi dei soldati e capiamo che nessuna guerra può mai essere ‘perfetta’.