Il binomio donne e motori è fin troppo di sovente argomento di scherno e derisione. L’immagine della “femmina al volante” è spesso raffigurata come una figura distratta, incapace, maldestra, quasi pericolosa. Ma l’immaginario collettivo è fallace, suggestionato dall’influsso di una cultura che vuole il rombo dei motori associato al sesso maschile, mentre la donna rimane sul sedile passeggero a osservare, e ignora che, fin dalla creazione stessa dell’automobile le donne hanno giocato un ruolo di prim’ordine, non solo facendo la parte della “grande donna dietro al grande uomo”, ma rivestendo un ruolo da protagonista nelle tappe fondamentali della storia delle quattro ruote.

Basti pensare a Bertha Benz, moglie di Carl Benz, inventore dell’auto, la quale fu la prima a condurre tale invenzione su un lungo tragitto per dimostrarne agibilità e sicurezza; grandi designer ed ingegneri, imprenditrici, alte dirigenti che tengono testa con orgoglio alla compagine mascolina; alle donne pilota, una categoria troppo spesso dimenticata o trascurata dalle masse ma che fu ed è capace di raggiungere le vette della competizione, come Jutta Kleinschmidt, Maria Grazia Lombardi detta “Lella” e Lyn St.James. Donne che da bambine erano affascinate dalle macchinine tanto quanto o più delle bambole, e che hanno saputo sfidare gli stereotipi autoimposti per dimostrare più e più volte ciò che noi sapevamo già da tempo: anche le donne possono tenere ben saldo un volante. Come nel magico mondo della Settima Arte, dove la Sarandon e la Devis di ‘Thelma & Louise’ o Grace Kelly in ‘Caccia al Ladro’ con stile e prodezza fanno sfrecciare i loro bolidi sulle strade americane per impossessarsi di un ruolo importante nelle loro vite, anche nel mondo reale queste “donne-simbolo” confermano che sì, anche le donne sanno guidare l’automobile, e con gran stile.