Saranno stati i mondiali di calcio, ma intorno ai Paesi arabi, pur criticati da tutte le parti per il loro calpestare i diritti umani, si è acceso un recente interesse.
Non so come la pensi, ma io sono contraria al boicottaggio quando si tratta di viaggiare. Se non andiamo anche nei Paesi che sono più lontani dal nostro modo di sentire, non potremo mai contribuire al cambiamento. E solo ricevendo viaggiatori e viaggiatrici di diverse culture, questi Paesi possono imparare a guardare oltre i loro orizzonti, per quanto ristretti siano.
Torniamo ai Paesi arabi. L’Arabia Saudita ha una perla che, fino a poco tempo fa, era chiusa al turismo (i primi arrivi datano 2020). Si chiama AIUla (si scrive così, un po’ maiuscolo e un po’ minuscolo) ed è una città nella parte a nordovest dell’Arabia Saudita, nella regione di Medina, lungo la cosiddetta via dell’incenso. Ha alle spalle 200.000 anni di storia ed era il punto di incontro di pellegrini e mercanti.
Per ora è ancora una meta da pochi, illuminati viaggiatori (dei quali spero di far parte nel 2023), ma presto diventerà meta di turismo di tutti i tipi e livelli, perché sappiamo che l’Arabia Saudita ha i mezzi per fare marketing territoriale fatto bene.
Per ora posso solo invogliarti ad andare, non essendoci ancora andata. Ma quello che ti mostro è sufficiente per accendere qualunque appetito.
AlUla è la regione all’interno della quale si trova Hegra, la nuova Petra, rimasta per secoli nascosta agli occhi di tutti, il primo luogo dell’Arabia Saudita dichiarato patrimonio Unesco. E se a Petra, pur bellissima, rischi di sgomitare in mezzo a turisti di ogni tipo (ne ospita 1 milione e mezzo ogni anno), a Hegra non c’è ancora (quasi) nessuno. E questo è un motivo in più per andarci.
Mi resta solo da capire se è safe andarci senza un viaggio organizzato, cosa che non è nelle mie corde.
Non vorrei perdermi, invece, l’esperienza della diwaniya, dove le donne hanno un posto preponderante. Ogni casa ha una stanza dedicata alla diwaniya. Addirittura certe case hanno una diwaniya separata dal resto dell’abitazione, addirittura cin una entrata a parte: una stanza piena di divani, fatta apposta per l’intrattenimento degli ospiti. Si entra e ci si intrattiene bevendo tè e chiacchierando. E dato che diwaniya è una esperienza tipicamente casalinga, sono le donne, spesso, ad occuparsene. Donne che intrattengono altre donne, in mezzo a quel chiacchiericcio tutto femminile che conosciamo bene e che ci piace (quando sono gli uomini a occupare diwaniya le donne spesso restano da un’altra parte). La tradizione di diwaniya viene tipicamente dal Kuwait ma è diffusa in tutti i Paesi arabi.