Quando salgono sul ring, con le loro gonne enormi e svolazzanti, lasciano fuori il loro vero nome, la loro professione e le violenze domestiche che subiscono tutti i giorni. Diventano Sonia La Simpatica, Juanita la Cariñosa, i loro nomi di battaglia. E per la durata dell’incontro se le danno di santa ragione, facendosi volare per aria, tirandosi le lunghe trecce. Alla fine sorridono ed escono dal ring a mani alzate se vincitrici, con la coda tra le gambe e tra i fischi del pubblico se perdenti. Tutti contenti, pur sapendo che è tutto finto.

Sono le cholitas wrestlers, donne boliviane che vengono dagli altipiani e appartengono al gruppo indigeno Aymara, conosciute per le polleras, le grandi gonne, i cappelli tondi, le lunghe trecce.

Discriminate per decenni, le cholitas hanno trovato il loro riscatto nel wrestling, una forma di spettacolo che sarà anche trash ma attira i locali e i turisti (con spettacoli che somigliano più al circo, per la verità) ma che hanno il vantaggio di aver affrancato le donne aymara.
Entrate a suon di calci e spintoni in un mondo dominato dai maschi (dai quali sono state inizialmente discriminate) e lasciandosi alle spalle storie di violenza domestica quotidiana, per assumere un ruolo nella società. Oggi le cholitas sono rispettate e, almeno quelle che non salgono sul ring, lavorano nelle banche e negli uffici.

Certo, non è solo merito del wresting. Un decennio di presidenza Evo Morales ha fatto il suo. Il presidente-indigeno, con un passato da coltivatore delle foglie di coca, ha fatto sì che venissero rispettati i diritti dei popoli Aymara e Quechua e ha introdotto una costituzione pluri-nazionale che riconosce la diversità di etnie del Paese. Morales ha governato la Bolivia per tre volte consecutive e correrà per un quarto mandato in ottobre nonostante un referendum abbia votato contro la sua ricandidatura.