Dall’alto al basso. Dal jet set ai senzatetto. Chiara, 40 anni, di Milano, fa l’assistente di volo sui jet privati. È abituata a volare nelle capitali del mondo, ai Caraibi, in luoghi di vacanza esclusivi. Quando c’è bisogno, la chiamano e parte. “Ho sempre due valigie pronte, una con abiti estivi, una con abiti pesanti. Può essere che mi chiamino all’ultimo momento per andare a New York o in Africa. E io ho pochissimo tempo per organizzare me stessa e il catering da portare a bordo. Devo tenere a mente gusti e intolleranze dei miei clienti, e contemporaneamente pensare a cosa portare per me”.

I suoi clienti sono quelli ‘che ce l’hanno fatta’, che viaggiano private per lavoro o per vacanza. E che portano dietro il loro team – due piloti e lei – ovunque vadano.

“L’ultimo viaggio che ho fatto, forse il più bello della mia vita, è stato in Tanzania per dieci giorni”, racconta. Rimandare indietro un aereo una volta arrivati a destinazione è troppo costoso. Così l’aereo rimane a disposizione e rimaniamo anche noi per tutto il tempo della vacanza”. Spesati.Sembra il lavoro dei sogni. E forse lo è.

Sembra il lavoro dei sogni e forse lo è.

Poi arriva il lockdown e gli aerei rimangono a terra. E Chiara decide di scendere di molti gradini. Dopo aver lavorato con i primi della società, va a rendersi utile agli ultimi. “Ho visto su Facebook che cercavano volontari per l’Opera Cardinal Ferrari, la mensa milanese dei poveri. Mi sono subito offerta, mi hanno presa e ho lavorato tutti i giorni”.
Lavorare, in questo caso, significa preparare la tavola, servire i pasti e riordinare per una sessantina di persone, così indigenti da non avere da mangiare. “L’Opera sfama i ‘carissimi’ (così vengono chiamati gli ospiti, ndr) a pranzo, li fa lavare, dà loro degli abiti, offre un servizio di lavanderia. La maggior parte sono uomini, molti sono stranieri. Possono restare durante il giorno, ma la sera devono andarsene a dormire da qualche altra parte. E per qualcuno il letto è una panchina o un marciapiede, per qualcun altro, il dormitorio di viale Ortles”.

Passare dai ricchissimi ai poverissimi, se volessimo semplificare la terminologia, non deve essere facile. “Io mi trovo sempre bene con tutti, mi piace parlare, mi piace sapere. Ma con i clienti dei jet devo tenere un comportamento algido, niente del mio privato deve trapelare. Con i ‘carissimi’ invece, posso essere me stessa. Mi faccio raccontare le loro storie, imparo i loro nomi, si stabilisce una certa familiarità. Di alcuni mi sono proprio affezionata. E da loro, dagli ultimi, ho ricevuto molto di più di quanto abbia dato. Posso dire che in questo periodo di lockdown mi hanno salvata. Se non ci fossero stati loro sarei uscita di testa”.