Cosa farei – faremmo – durante i viaggi in treno, aereo, durante le attese, nelle serate in cui si vuole restare a casa, sdraiate sul divano, d’estate in spiaggia o su un prato in montagna, se non potessimo avere un libro tra le mani?
Io sono una acquistatrice di libri compulsiva, ne possiedo più di 1500 suddivisi tra le città in cui vivo, e on credo che riuscirò mai a leggerli tutti, eppure davanti a una copertina, dopo aver letto una recensione, quando passo davanti a un Oxfam Books (sono i negozi di libri di seconda mano di cui Londra è ben fornita) non so resistere e compro l’ennesimo romanzo.
Tutto questo preambolo per dire che sono appea da tornata da Milano, dove c’era Bookcity, che per tre giorni ha riempito la città di libri, lettori e scrittori. C’era talmente tanto da seguire… C’erano incontri nei musei, nei negozi, in case private, perfino all’aeroporto e negli ospedali. Letture ad alta voce, talk, incontri, libri che passavano di mano.
Non ce l’ho fatta a seguire tutto quello che avrei voluto, come sempre accade in questi casi. Ma tra gli incontri a cui ho assistito mi ha colpito quello con Marco Baliani, attore di teatro e autore di un libro intitolato ‘Ogni volta che si racconta una storia’.
Un libro che parla della lettura a voce alta, del raccontare storie, dell’importanza della voce (e Baliani ne ha una meravigliosa, che arriva al profondo).
Se ce ne fosse bisogno, Baliani ha ribadito che senza le storie non si va da nessuna parte. Non si sogna, non ci si confronta, non ci si culla con desideri e aspirazioni, non si soffre, non si gioisce, non ci si diverte.