Ciclofficine, professionisti, associazioni, cicloamatori , e naturalmente cicliste e ciclisti: siete (e siamo, per tutti noi che andiamo da sempre in bicicletta) tutti precettati per partecipare all’iniziativa mondiale “Bike the Nobel“, con la quale si propone la candidatura al premio Nobel per la Pace (che sarà assegnato il  prossimo 10 dicembre 2016) della squadra femminile di ciclismo dell’Afghanistan. Una ciclo-staffetta, o staffetta a pedali, come è stata chiamata, per sostenere le cicliste afghane, che semplicemente facendo quello che fanno lanciano ogni volta un importante messaggio contro le discriminazioni femminili.

Afghanistan e ciclismo femminile: sembra un paradosso culturale e – ahimé –  naturale ormai, in un Paese in cui le libertà delle donne sono pressoché inesistenti: nonostante tutti i proclami e i diritti sono autentici “fanalini di coda” ancora non accesi. E’ molto probabile che anche l’esistenza di una squadra femminile di ciclismo, di giovani donne che col velo in testa sotto il casco regolamentare (ma con la tuta invece del chador)  risponda a una logica di finta accettazione di una realtà di libertà, che possa essere  “semplice” e naturale, persino per le donne.

Ebbene, soprattutto in questo caso sarebbe quanto mai sfidante consegnare proprio nelle loro mani il Premio Nobel per la Pace.

In Italia il campione Vincenzo Nibali ha già iniziato; oggi parte la ciclista Paola Gianotti dalla sede Rai di Milano, verso Oslo, dove dovrà arrivare dopo dieci giorni percorrendo duemila chilometri, attraversando le più lunghe (e belle) piste ciclabili d’Europa, come i 400 chilometri sul Reno e i 5 chilometri della cosiddetta ‘autostrada delle biciclette’ di Duisburg. Altre sportive, come la fiorettista Valentina Vezzali, si stanno preparando, ma anche qualche parlamentare (non solo Verde), e la redazione di Caterpillar di Radio 2, che sta diffondendo e sostenendo la notizia sui media.

Se proprio non te la senti di pedalare, né poco, né molto, puoi sostenere utilmente la petizione.