La prima cosa che ho pensato quando ho saputo che mio figlio sarebbe andato a studiare in Australia, e per la precisione a Brisbane, che è a due passi dalla Gold Coast e dal Surfers’ Paradise è stato che dovevo dirgli due paroline sugli squali.
L’Australia, a quanto pare, è come un buffet aperto tutto l’anno per squali di ogni genere che amano in particolar modo bagnanti e surfisti (mio figlio, studente universitario proveniente dalla verde ma umida Inghilterra, non avrebbe esitato a diventare subito sia l’uno che l’altro).
In questi mesi di lontananza, ogni volta che leggevo su un giornale di qualche avvistamento di squali lungo le coste australiane (cosa che in meno di un anno è capitata diverse volte) gli mandavo via whatsapp il trafiletto di giornale seguito dalle raccomandazioni di rito. (Ho scoperto poi che tutte le mamme degli studenti in exchange fanno lo stesso e i messaggi arrivano in fila, separati solo dal fuso orario. ‘Ti ha scritto tua mamma?’ “Sí, anche la tua?’ ‘Squalo?’ ‘Squalo’.).
Solo che adesso tocca preoccuparmi per la mia, di incolumità. L’arcipelago Whitsundays è un inanellamento di 75 isole, tutte semi-disabitate a parte i (pochi, super-chic) resort. Dall’aeroporto di Hamilton, che è già un’isola a sud di Cairns, ci si arriva in elicottero (quello che si chiama ‘to make an entrance’), sorvolando questo verde immerso nel blu dell’oceano. Be’, sei qui, vicino a uno dei reefs più famosi del mondo e non vuoi fare almeno un po’ di snorkeling?
E infatti. Accompagnati da una giovane ragazza di Brisbane che ci fa da guida (e che avrà modo discutere insieme a mio figlio quali sono i bar e i locali più divertenti della città) ci apprestiamo a ‘scavallare’ l’isola per andare a immergergi nella Blue Pearl Bay. Ci vengono date delle mute da indossare. ‘Vanno benissimo per non sentire il freddo se stiamo troppo in acqua’. Quello che la ragazza non specifica, di primo acchito, è che le mute non servono per riparare dal freddo ma dalla puntura di qualche temibile e letale animale che sicuramente potremmo incontrare in acqua. Infatti coprono anche le mani e la testa.
‘Devo indossare anche il cappuccio?’
‘Più ci si copre meglio è, non si sa mai. Ma tranquilli, non succederà niente oggi’.
‘Ma che cosa potremmo vedere in questa parte del reef?’
‘Uno squalo, se siamo fortunati’.
Diciamo che è una fortuna della quale faccio anche volentieri a meno.
‘Ma ce ne sono?’
‘Oh, sí. Ma tranquilli, sono assolutamente innocui’.
La definizione di squalo innocuo mi pare un ossimoro, ma non ribatto e mi immergo.
Quella sopra è la foto del reef nel quale ci siamo immersi. Niente male davvero. Pesci coloratissimi di varie dimensioni, coralli mobili e immobili (nemmeno sapevo che ci fosse la differenza), delle conchiglie cosí grandi, incastrate nelle rocce, che probabilmente sono lí da decine di anni e nemmeno l’ombra di uno squalo. Insomma, la giornata perfetta.
Resa ancora più perfetta dalla impagabile esperienza del nuoto in solitudine. Noi ‘mediterranei’ non siamo abituati a fare il bagno da soli in una spiaggia deserta (a meno che non si decida di farlo in dicembre) ma qui è più o meno normale, se si escludono le spiagge famose tipo Bondi Beach a Sydney. E oltre agli squali è l’immensa distesa di spazio all’apparenza disabitato che caratterizza l’Australia.
E camminare in perfetta solitudine lungo i sette chilometri della spiaggia piu bella del mondo (davvero la più bella, non ne ho mai viste cosí in tutta la mia vita, e qualche spiaggia in giro per il mondo l’ho visitata) è davvero un’esperienza unica.
Si chiama White Heaven Beach e ci si arriva in elicottero (un arrivo hollywoodiano, lo ammetto) o con una barca che porta poche persone e le scarica comunque distante dalla spiaggia e, incredibilmente, nessuno si prende la briga di fare qualche passo in più e arrivarci. Fatto sta che alle 11 del mattino su tutti i sette chilometri di sabbia bianchissima non c’era un anima (a parte il pilota, che mi aspettava all’interno dell’elicottero per riportarmi alla base). Si cammina fino a che la marea che si ritira forma delle pozze di acqua cristallina che, dall’alto, creano degli incredibili effetti di luce di bianco e verde.
Tra le cose che ho visto di questo strano Paese (e di cui vi racconterò ancora) la passeggiata a White Heaven Beach è uno dei ricordi più emozionanti. E se non fosse che l’Australia non è esattamente dietro l’angolo aggiungerei che vale la pena vedere questa spiaggia almeno una volta nella vita, fosse ahche solo per un’ora, come ho fatto io.